Storia dell’alimentazione di cani e gatti, che poi è la storia di cani e gatti
Una storia che inizia con la domesticazione di carnivori storicamente selvatici e selvaggi, a mutua convenienza loro (almeno all’inizio) e di noi umani.
La domesticazione, in parte autonoma e in parte guidata, ha portato a notevoli modificazioni nelle abitudini alimentari, e anche digestive, sia di cani che di gatti.
I gatti
Iniziamo con i felini, che per motivi molto poco noti vengono sempre snobbati in questi discorsi, ma che hanno una storia particolarmente affascinante.
I gatti si sono auto-domesticati
I gatti sono animali fieri e indipendenti, questo lo si vede già nei primi approcci con noi scimmie senza peli. I felini si sono auto-domesticati, mica hanno aspettato noi. Con l’arrivo della rivoluzione agricola e l’aumento dei granai, si verifica un incremento di prede stanziali (e anche grassocce, diciamolo) e i gatti ne approfittano subito. Entrano nei granai, eliminano un numero considerevole di sorcetti e tac, le scimmie vedono un’opportunità e la colgono. Noi umani iniziamo ad avvicinare e nutrire i figli di questi gatti, pilotando anche qualche accoppiamento per selezionare i più socievoli. Ma non troppo però, perché diventa subito evidente come all’aumentare della mansuetudine il numero di prede abbattute diminuisce drasticamente. Il supporto alimentare è veramente molto limitato, altrimenti verrebbe a mancare il concetto di utilità di una specie (per l’uomo).
Cibo industriale? Un valutazione iniziale sbagliata
Nonostante tutto, grazie alla sua naturale indipendenza e diffidenza il felino auto-domesticato passa in breve tempo da servitore a Dio. Note culture mesopotamiche e non solo lo venerano proprio come una divinità, in fin dei conti lui li salva da contaminazioni, perdite delle derrate alimentari e anche malattie. Questo suo ruolo però fa sì che la sua filosofia cambi poco nel corso dei secoli, l’alimentazione base rimane la stessa, sia che la preda sia prelevata direttamente dal territorio che servita in calici faraonici. Il gatto non si adatta così facilmente, tu ci puoi provare ma lui non ti dà soddisfazione. Questo crea seri problemi quando, ormai non più animale da granaio autosufficiente ma domestico, cerca di soggiogare in tutto e per tutto l’essere umano. Il gatto però per qualche tempo non tiene in considerazione il fatto che noi umano siamo saccenti, ma in realtà non sappiamo veramente le cose. Ci viene infatti la brillante idea di produrre degli alimenti facili da usare che dovrebbero rendere la vita dei felini migliore, mai errore fu più tragico inizialmente. Scopriamo a spese dei gatti che, in quanto animali perfetti e unici, hanno la necessità di assimilare dei nutrienti specifici in maniera assolutamente bilanciata attraverso la dieta.
L’importante è imparare dai propri errori
L’alimentazione industriale, inizialmente carente di taurina e in eccesso di vitamina A (e con altri numerosi difetti), provoca nei gatti scompensi importanti. Cardiomiopatie, patologie oculari, problemi di fertilità e riproduttivi, crescite stentante, diabete, problemi alle vie urinarie sono solo alcune delle patologie che iniziano a manifestarsi e che con il tempo capiamo avere spesso origine da un’alimentazione sbagliata, oltre che da uno stile di vita scorretto. Man mano che il gatto da granaio viene distinto in tutte le razze che conosciamo oggi (con il pelo, senza il pelo, con la coda, senza coda, con le orecchi dritte, con il naso all’insù ecc.) e viene modificata volontariamente la sua morfologia (e in parte anche l’etologia) non viene modificata la fisiologia: rimane comunque un carnivoro. L’iniziale errore di formulazione industriale nel tempo viene corretto grazie a studi svolti direttamente sulla specie. Viene quindi integrata la taurina, si inizia a fare attenzione ai livelli di rame e di vitamine liposolubili e man mano si risolvono tutti i piccoli problemi manifestati nel tempo. Boli di pelo? Alimento con più fibre o pasta che aiuta ad espellerli. Cistiti frequenti? Alimento che normalizza il ph e aiuta le vie urinarie. Feci spesso molli? Cibi digeribili e ricchi di fibre. Insomma, troviamo la soluzione a problemi che abbiamo creato noi stessi.
La scelta giusta per un Dio
Fortunatamente negli ultimi anni c’è una volontà sempre maggiore di rispettare di più la natura carnivora dei felini e molte persone, informandosi e non lasciandosi scoraggiare da chi rema contro, hanno deciso di intraprendere una dieta naturale a base di carne. Cotta o cruda, chi ha fatto questa scelta ha notato miglioramenti decisamente interessanti: boli spariti o diminuiti, feci migliori e minori, pelo meraviglioso, vie urinarie regolari ecc. Purtroppo, gli esseri umani non si ricordano più di come fossero i gatti in realtà e trovano difficile immaginarseli nutrirsi di alimenti biologicamente appropriati… Anche i professionisti, eh. E si sa che quando vogliamo aver ragione troviamo tutte le prove necessarie a nostro vantaggio, anche se non sono sempre realistiche. A questo si aggiunge il fatto che il felino non è proprio un animale plastico e se si adagia nel gusto di un cibo difficilmente lo cambia, dando ragione a quei proprietari squinternati che credono di fare del bene usando solo cibo secco (per esempio). Come ormai sappiamo però, il gatto è un animale desertico, carnivoro predatore millimetrico e letale. Per questo non può proprio sperare di stare bene mangiando tutta la vita un alimento secco, ricco di carboidrati e povero in carne. Alcune volte anche a Dio bisogna suggerirei che scelte fare, per il suo bene.
I cani
Ma passiamo a quello che viene considerato il migliore amico dell’uomo, che forse però non ha sempre ricevuto un trattamento amichevole.
Un rapporto di convenienza
Le origini del cane sono discusse ed eccessivamente sfruttate per giustificare le nostre scelte etologiche e non solo nei suoi confronti. Sarà stato un lupo? Uno sciacallo? Un discendente di lupo e sciacallo? Come il famoso Balto, pare che sappia solo quello che non è. Ma noi che siamo persone razionali e appassionate della verità ci fermiamo ai fatti. Il cane è un carnivoro che ha subito una pressione selettiva dal momento della domesticazione in poi simile agli animali da reddito. Se inizialmente, come è successo per il gatto (ma anche per altre specie), avviene effettivamente una certa auto-domesticazione, questo passaggio dura relativamente poco. La commensalità della vita tra uomo e cane inizia sicuramente per convenienza, da parte di entrambe le specie. Da una parte, avere qualcuno che abbandona scarti di cibo facilita il reperimento di nutrienti e di conseguenza migliora la qualità della vita a livello di tasso di riproduzione e aspettativa media di vita. Dall’altra, avere dei predatori con un livello di possessività e aggressività notevole al proprio fianco fa sì che altre specie con la stessa voglia di utilizzare le risorse umane, vengano scoraggiate dal gironzolare nei pressi degli insediamenti umani.
Addio cane animale-selvatico
Per moltissimi secoli (eh sì, pensavate fosse la storia di un’estate e invece) l’uomo non è un animale stanziale, anche a lui piace cercare il posto migliore dove mangiare e riprodursi e cambiarlo spesso. In questo tempo il cane lo segue sempre, adattandosi anche bene a questa vita e ai diversi habitat. Quando la rivoluzione agricola porta noi umani a decidere di stabilirci in un luogo specifico, il cane sceglie di fare lo stesso. Iniziamo quindi a domesticare anche altri animali e a interessarci alla possibilità di selezionare, sia tra questi che tra i cani, i soggetti più docili. Inconsapevolmente però la selezione inizia molto prima. Il cane, scegliendo di nutrirsi di scarti lasciati dagli umani, si deve adattare fisiologicamente a questo tipo di alimentazione, arrivando ad auto-selezionarsi e distinguersi geneticamente da altri predatori naturali. Cos’è successo? I carboidrati! Gira tutto attorno a loro da sempre. Inizialmente i cacciatori umani lasciano a disposizione dei cani per lo più pezzi di carcasse animali, cereali e tuberi raccolti sono in dosi decisamente minori. Con l’arrivo della rivoluzione agricola l’uso di cereali e tuberi nell’alimentazione umana aumenta e di conseguenza anche in quella dei cani, che necessariamente si devono adattare. La simbiosi uomo-cane in senso lavorativo e di mantenimento continua per secoli e millenni (15/30 mila anni) e la differenza tra il cane animale-domestico e il cane animale-selvatico (immaginiamolo tutti assieme) diventa sempre più grande, tanto che il cane animale-selvatico non esiste più. In questo momento storico, infatti, lo studio etologico dei cani ferali (che sono quelli più vicini a un modello naturale) dimostra che pattern comunicativi e di predazione non sono assimilabili né ai lupi né agli sciacalli, o ad altri canidi selvatici. Insomma, il cane è cane, e tale rimarrà. Direi che è ora di farcene una ragione.
Ricordatevi che sono un carnivoro!
Resta comunque un commensale dell’uomo, che lo utilizza come strumento di caccia, guardia o conduzione e in tempi più recenti compagnia. Per molto tempo però l’alimentazione rimane la stessa, il cane fa da spazzino e si nutre di quello che c’è a disposizione in base al tipo di lavoro a cui è stato designato. Placente, croste di formaggio, ritagli di macelleria, pane secco sono solo parte della dieta del cane. Ma quando assume il ruolo di dama da compagnia, anche lui come il gatto subisce le scelte alimentari degli umani. L’introduzione del mangime industriale, per il cane così come per il gatto, porta inizialmente a diversi problemi tecnici, dovuti all’allontanarsi dalla loro fisiologia. Anche in questo caso fortunatamente queste problematiche vengono risolte man mano nel tempo. Il nutrizionismo è un paradigma secondo il quale i principi nutritivi scientificamente identificati negli alimenti determinano il valore delle singole sostanze alimentari nella dieta. In parole povere, la vitamina C si può assumere sintetica oppure dall’arancia, non cambia niente. Su questa scia, vengono prodotti mangimi i cui nutrienti principali derivano da materie prime non proprio biologicamente appropriate per un carnivoro (proteine della soia per esempio). Iniziamo quindi nel tempo a vedere reazioni strane nei cani: aumento di patologie dermatologiche, intestinali, intolleranze alimentari, allergie. Sicuramente la pressione selettiva di alcune razze contribuisce molto, come anche il cambio di abitudini e zone di vita (meno ore all’aperto e più inquinamento), ma non possiamo eliminare del tutto la componente ambientale.
Una nuova dieta “naturale”
Dell’ambiente fa parte anche l’alimentazione, imprescindibile fonte di salute. Quindi questa simbiosi perde di valore per la specie Canis Familiaris e iniziamo a guadagnarci solo noi in termini di compagnia e affetto. Fortunatamente anche in questo caso arriva il risveglio delle coscienze e molti cercano di tornare, anche incontrando molta resistenza dal mondo dei professionisti del benessere, a una vita più sana e un’alimentazione più naturale. Nascono e si diffondono quindi filosofie alimentari che prevedono l’utilizzo di materie prime fresche: cotte, crude, mix tra cotte e crude, esotiche, super food e chi più ne ha più ne metta. Meraviglioso. Unico difetto, se dobbiamo trovarne uno, è che spesso molte di queste filosofie alimentari hanno regole guida che si basano sulla natura selvaggia del cane e la sua necessità di tornare alle origini. Abbiamo però imparato che le origini non sono proprio quelle, per cui la cosa migliore è: unire quello che la scienza in questi ultimi decenni ha scoperto per quanto riguarda i fabbisogni specifici di specie, e applicare queste nozioni a diete fresche rendendole soggettive il più possibile.
Così possiamo ritornare a pareggiare il rapporto uomo-cane, almeno in parte.