Argomento ormai ampiamente, forse, anche esageratamente dibattuto sul web, ma che a quanto pare ha ancora molto da offrire. Quando parliamo di nutrizione, il grosso problema nello spiegare cosa sono le proteine, credo sia puramente comunicativo. Quando pensiamo alle proteine, si figurano davanti a noi pezzi di carne, arrosti, insaccati e, finalmente, anche legumi, tofu, seitan. Dico finalmente perché in umana l’uso delle proteine vegetali come sostituto o complementare delle proteine animali, è ormai diventato comune, bene per il nostro colon.
Ma in nutrizione, quando parliamo di proteine, parliamo di molecole, cioè di qualcosa che è difficile immaginare se non la si conosce bene. Parliamo di strutture complesse, composte da mattoni di diverso tipo. I più conosciuti sono, sicuramente, gli amminoacidi. Come sono fatte allora queste proteine? È difficile descriverle in una forma unica, perché essendo fondamentali per moltissime attività metaboliche, in base allo scopo ogni una di loro presenta una forma. Filamentose e globulari ad esempio. In effetti i loro impieghi sono molti. Possono essere proteine strutturali, e andare a creare o ricreare tessuti. Possono aiutare nel trasporto di altre molecole, oppure nella loro degradazione, come enzimi. Possono anche essere, volendo, fonte energetica, se proprio non si trova altro. Quindi dal punto di vista nutrizionale descriverne la forma non è semplice, ma dal punto di vista alimentare sicuramente ci viene più facile, e allora la nostra visione di fagioli e prosciutti è corretta. In effetti alimenti di origine animale e vegetale si distinguono da altri proprio per il loro maggior contenuto di proteine.
Quello che interessa a noi che ci occupiamo di nutrizione, però, è prima di tutto la parte nutrizionale del loro essere proteine. Quindi la loro composizione in aminoacidi, le loro digeribilità e nel complesso la loro biodisponibilità (che è influenzata oltre che dalla loro struttura, anche da alcuni elementi presenti nel pasto che possono limitarne la digestione, o da alcuni trattamenti termici). Sicuramente il primo modo di valutare la qualità di una proteina è considerare proprio la sua struttura amminoacidica. Gli amminoacidi si distinguono in essenziali (cioè non sintetizzabili endogenicamente, ma solo introducibili con il cibo) e non essenziali (l’esatto contrario). Ovviamente, la categoria che interessa di più a noi riguarda la parte degli essenziali. Vorrei però ricordare che un aminoacido è essenziale non per sua natura, ma in dipendenza della specie a cui stiamo facendo riferimento. Facciamo un esempio. Se è vero che tra gli aminoacidi essenziali ci sono arginina, istidina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina, e che valgono bene o male per tutti, alcune specie sentirebbero la mancanza di un amminoacido in particolare, la taurina.
Il gatto è conosciuto per essere un predatore meraviglioso ed un carnivoro eccezionale, ma questo fa di lui un essere speciale dal punto di vista nutrizionale. Per il gatto a questo elenco dobbiamo aggiungere proprio la Taurina, mentre per il ratto ad esempio no. Gli aminoacidi che non compaiono in questo elenco, non sono meno importanti, sono fondamentali per la crescita, la riproduzione, la lattazione, ma possono essere sintetizzati nel corpo, se la quantità di nutrienti introdotti è sufficiente.
Possiamo quindi già iniziare a valutare il tipo di proteina corretta per il tipo di specie a cui dobbiamo somministrarla. Se parliamo di carnivori, le proteine di origine animale saranno le migliori, se parliamo di onnivori non ci sarà un grande problema nel proporre sia proteine animali che vegetali, e cosi via. Questo perché il pattern amminoacidico corrisponde all’alimento, e sia dal punto di vista nutrizionale che alimentare, si potrebbe definire specie-specifico.
Per valutare la biodisponibilità delle proteine , però, ci manca da analizzare la loro digeribilità. Essa dipende molto dalla composizione amminoacidica e dalla specie a cui la proponiamo, ma non facciamo l’errore di pensare che sia così semplice. Prima di tutto la capacità di degradare e quindi estrapolare gli eventuali aminoacidi essenziali dalla proteina, è fondamentale per definire il grado di digeribilità. Gli enzimi, anche loro proteine, si occupano di questo. E’ come se fossero gli auto-demolitori della biochimica. Vengono prodotti in base alla richiesta, più substrato da degradare, più enzima appare (sempre che non ci sia un deficit di produzione).
Demoliscono la struttura complessa della proteina e liberano gli amminoacidi che poi vengono presi in carico dalla mucosa intestinale. Prima variabile quindi, gli enzimi vengono prodotti da ogni soggetto in maniera differente, quindi l’idea di digestione specie-specifica non è cosi assurda. In più ogni soggetto avrà una capacità differente e unica di digerire una quota proteica e un tipo di proteina.
La digeribilità viene modificata anche dal tipo di struttura proteica, che può essere modificata non solo dagli enzimi, ma anche dalle temperature. I trattamenti termici, come il riscaldamento, modificano la struttura proteica abbassando o alzando la digeribilità della stessa.
Proteine di origine animale sottoposte ad altre temperature presentano una digeribilità molto più bassa di proteine non sottoposte allo stesso processo, per i carnivori, generalmente. Per gli stessi però le proteine di origine vegetale risultano essere più digeribili da estremamente cotte, che da crude (cioè ovviamente non significa che è bene utilizzarle eh, stiamo cercando di spiegare un concetto).
Ricordatevi che parliamo di proteine in nutrizione, non di alimenti proteici. Quindi non vale pensare: ma il mio cane la carne cotta la digerisce meglio. La carne è un complesso di molecole, qui parliamo solo di una parte, mi raccomando. La composizione stessa del pasto, può modificare la digeribilità, la presenza di più o meno ceneri o di più o meno fibre, in presenza di un tipo di proteina piuttosto che un altro, può modificare (sempre in positivo o in negativo, dipendentemente dalla molecola) la sua digeribilità.
Capite quindi che definire in maniera assoluta quando una proteina sia più o meno digeribile è difficile.
Tutto questo meccanismo però porta quasi alla perfezione, dal mio punto di vista. Se cerchiamo di vedere in quadro nel suo complesso, vedremo che è tutto molto soggettivo. Ogni specie, ogni razza, ogni individuo all’interno della stessa, ha un suo modo di nutrirsi, ed alimentarsi. Starà a noi seguire la sua natura, assecondarla e aiutarla ad esprimersi.