Ippocrate affermava: “La cattiva digestione è la radice di tutti i mali.” Ma la radice della cattiva digestione qual è?
Negli ultimi anni, l’attenzione della scienza, interessata al benessere del corpo e non solo, ha rivolto il proprio sguardo ai batteri che convivono con noi, interiormente ed esteriormente.
Si è scoperto così che, grazie all’eubiosi con questi batteri, siamo in grado di assimilare il cibo, difenderci dai patogeni interni ed esterni, dormire bene, far fronte a periodi di stress. Appurate una serie di correlazioni in ambito umano, ci si è quindi domandati se questo può accadere anche a chi condivide la vita a stretto contatto con noi: cani e gatti.
Ha inizio così lo studio dei diversi microbiomi animali, la loro relazione con determinate patologie e come è possibile intervenire, o interferire.
Ma cos’è questo microbioma o microbiota?
Microbioma e microbiota sono due termini spesso erroneamente utilizzati come sinonimi. Nella maggior parte dei casi, questo utilizzo “intercambiabile” non ha nessun effetto sull’interlocutore, ma per completezza d’informazione è il caso di distinguerli.
- Microbiota: una popolazione di microrganismi che colonizza un determinato luogo.
- Microbioma: la totalità del patrimonio genetico posseduto da un determinato microbiota, cioè i geni che è in grado di esprimere.
Microbiota però è anche l’insieme dei singoli microrganismi ⎼ batteri, funghi, archeobatteri e protozoi ⎼ e virus che vivono e colonizzano uno specifico ambiente in un determinato tempo. Tutto può avere un microbiota: intestino, pelle, organi genitali, orecchie e gengive sono probabilmente i più interessanti. Queste popolazioni però non sono statiche, anzi si modificano in base a diversi fattori, riassumibili in alimentazione ed ambiente.
Queste tribù confinanti hanno dei nemici comuni, tutto ciò che limita la loro armonica vita, per esempio gli antibiotici. Questi, se da un lato impediscono il proliferare di patogeni e lo sviluppo di malattie infettive, dall’altro compromettono la normale popolazione in situ. Sicuramente bersaglio ideale per questa battaglia è l’intestino, che però purtroppo riversa gli effetti su tutto il resto del corpo.
La correlazione tra microbiota e benessere psico-fisico del corpo, infatti, è ormai ampiamente e scientificamente comprovata. Valutare come e cosa durante la vita di un soggetto influenzi o potrebbe influenzare il binomio corpo-microbiota è utile per migliorare il benessere generale.
Iniziamo il nostro approfondimento dal microbiota più studiato e anche purtroppo più manipolato, quello intestinale.
Il microbiota intestinale
Il destino è qualcosa a cui purtroppo non si può sfuggire, così come il microbiota intestinale. Cani, gatti e anche noi umani nasciamo con uno “starter pack” di batteri che acquisiamo durante il parto (in base al tipo di parto questo purtroppo si modifica). Ciò definisce già quello che potremo o non potremo affrontare. Lo so, è angosciante!
La colonizzazione dell’apparato gastroenterico inizia nel periodo neonatale e si realizza entro i primi giorni di vita, grazie ai batteri che troviamo nel canale del parto, in vagina, sulla pelle della madre e nell’ambiente in cui vivrà il cucciolo (che non può essere asettico, posate subito quella maledetta amuchina!).
Pensate che il microbiota intestinale pare sia costituito da 1010-1014 cellule microbiche, circa 10 volte più del numero di cellule che compongono l’organismo ospite. Ma quali sono questi amici invisibili?
I batteri intestinali
I phyla batterici predominanti in colon e feci di cani e gatti sono:
- Firmicutes
- Batteroidetes
- Proteobacteria
- Fusobacteria
- Actinobacteria
Nei gatti troviamo anche specie di Eubacterium. Un posticino alquanto affollato l’intestino in effetti, non ci si sente poi tanto soli. Questi batteri costituiscono il 99% della presenza intestinale (in proporzioni differenti in base alla specie), il restante 1% è costituito da Spirochaetes, Tenericutes, Verrucomicrobia, Cyanobacteria, Chloroflexi e da alcune linee batteriche non ancora ben classificate.
Qui iniziano le differenze tra cane e gatto. Anche se gli studi sui gatti non sono ancora numerosi, pare che nel loro intestino ci sia maggiore presenza di Bacteroidetes e minore di Fimicutes rispetto a cani (e a umani). In generale, i gatti presentano un numero di batteri anaerobi maggiore rispetto ai cani.
Voi direte, a noi cosa interessa di tutta questa roba? Avete ragione, meno paroloni e più fatti.
Il problema è sostanzialmente questo: ogni specie ha un microbiota (più di uno a dire il vero) e ogni soggetto di una determinata specie possiede una variante del microbiota di partenza.
Questo perché tutto questo affollamento di batteri dentro e fuori ha una propria vita, influenzata da:
- dieta
- età
- ambiente in cui si vive
- disordini metabolici, tra cui obesità e diabete
- malattie infiammatorie intestinali
- farmaci (antibiotici)
- stress
- stile di vita
Nessun individuo è uguale all’altro
È normale quindi che specie diverse abbiano profili differenti, a noi serve saperlo per poter intervenire in maniera puntuale.
Certo, so che ora state pensando che è tutto un gran casino e che vi sta venendo un attacco di panico, ma a me preme che capiate che nessun individuo è uguale all’altro per comprendere come sia complesso (se non impossibile) trovare una soluzione univoca a una manifestazione. Che ne so, tipo quanto chiedete “Cosa do da mangiare al mio cane che ha le feci molli?” e vi offendete se vi si risponde “Dipende”.
Aggiungiamoci pure che ogni compartimento intestinale contiene un unico (nel senso di caratteristico) ecosistema, nel quale i microrganismi risiedono in nicchie specializzate e utilizzano i nutrienti, restituendo in cambio metaboliti necessari per il benessere del soggetto. Vi è esploso il cervello, lo so, scusate!
Questi ecosistemi microbici possono essere considerati l’organo metabolicamente più adattabile e rinnovabile del corpo. Il colon prossimale ha la maggior densità, diversità e uniformità delle specie batteriche.
Curiosamente, le specie batteriche che troviamo nel l’intestino dei cani (non dei gatti) e le loro proporzioni, non sono lo specchio di quelle che troviamo nei lupi. L’adattamento a una vita domestica e a una dieta modificata rispetto a quella selvatica ha reso il microbiota canino più vicino a quello umano. Ecco come funziona: una dieta ricca di grassi e proteine animali porterebbe a una maggiore presenza di Bacteroides, mentre nell’intestino di chi consuma più carboidrati e fibre è il genere Prevotella a dominare. Questo potrebbe essere dovuto proprio alla transizione da una dieta carnivora tipica dei lupi a quella onnivora del cane domestico. Tuttavia, la proporzione cambia se confrontiamo soggetti alimentati a mangime e altri che seguono diete naturali (specialmente a crudo). Ma guarda te!
I batteri sono i veri amici dell’intestino
Ma a cosa servono questi esserini? Sono parte integrante della barriera intestinale, contribuendo a proteggere cane e gatto da patogeni, soffocandoli con la forza del numero. Questo meccanismo si chiama resistenza alla colonizzazione: in sostanza, vincono i più forti. La concorrenza per l’ossigeno, le sostanze nutritive, i siti di adesione alla mucosa fanno sì che si crei un ambiente fisiologicamente restrittivo per specie batteriche non residenti e il nemico viene così abbattuto.
Ma mica fanno solo questo, elaborando gli alimenti producono una serie di molecole (catecolamine, aminoacidi e acidi grassi a corta catena) che aiutano a modulare il sistema immunitario (la serotonina è una catecolamina) e a favorire la vita delle cellule intestinali con acidi grassi come il butirrato, propionato e acetato.
Ecco un riassuntone di tutte le cose che fa il microbiota intestinale in cani e gatti:
- digestione
- metabolismo dell’ospite
- sintesi di vitamine (vitamina K e complesso B)
- biotrasformazione degli acidi biliari
- metabolismo degli xenobiotici
- corretta maturazione delle cellule gastrointestinali
- difesa contro batteri patogeni
- sistema immunitario
- sistema nervoso
- interazioni con gli altri microbioti del corpo
Come mantenere in salute il microbiota?
Per funzionare bene, però, il microbiota intestinale dev’essere una macchina ben avviata. Ciò non significa che non ci possano essere intoppi, ma semplicemente che sarebbe meglio mantenerlo intatto.
È bene sapere quindi che il microbiota si sviluppa nel tempo. I soggetti giovani non hanno un microbiota ancora completamente sviluppato, per cui possono essere maggiormente soggetti a infestazioni o colonizzazioni di patogeni. Questo accade anche in soggetti anziani dove, a causa della ridotta motilità intestinale, è possibile che si modifichi anche la componente microbica, con tutto ciò che ne consegue.
Quando sussiste uno scombussolamento del microbiota intestinale parliamo di disbiosi, che si può manifestare per causa o conseguenza di alcune patologie infiammatorie, allergie o intolleranze alimentari (anche allergie ambientali, i soggetti atopici presentano sempre disbiosi, anche con feci perfette) o a seguito di terapie farmacologiche.
Quindi come manteniamo tutto questo squadrone di batteri in perfetta forma? Prebiotici e probiotici.
- I probiotici sono “microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite”. Questi sono batteri che inseriamo in base alla specie e alla necessità all’interno del corpo.
- I prebiotici sono “ingredienti alimentari non digeribili che agiscono positivamente sull’ospite stimolando selettivamente la crescita e/o l’attività di uno o un numero limitato di batteri nel colon”. Queste sono normalmente fibre, a volte amidi, che inseriamo in base al problema (e ai probiotici).
I probiotici agiscono sull’ospite in differenti modalità:
- produzione di composti antibatterici
- competizione per nutrienti con batteri patogeni
- competizione per i siti di adesione con specie batteriche potenzialmente nocive
- alterazione del metabolismo microbico
- stimolazione dell’immunità
I possibili benefici dell’uso dei probiotici negli animali domestici includono:
- modulazione del sistema immunitario
- protezione dalle infezioni causate da enteropatogeni
- aumento della crescita e dello sviluppo
- controllo dei disturbi allergici e, da studi recenti, anche dell’obesità.
Gli studi sui prebiotici evidenziano come l’utilizzo di fibre fermentescibili come FOs e MOs migliorino le situazioni di disbiosi. I prebiotici normalmente utilizzati come cellulose, emicellulose, inulina, alcuni tipi di amido o gomme devono essere inseriti all’interno della dieta in base allo scopo specifico per cui sono necessari. Non tutti i batteri si nutrono delle stesse molecole.
E adesso, altro girone infernale per i vostri neuroni: sapete che esistono anche i postbiotici? Altro non sono che i prodotti del lavoro dei batteri. Negli ultimi tempi la scienza si è aperta alla possibilità di integrarli nella dieta, in combinazione a determinati nutraceutici per ridurre le infiammazioni e infezioni croniche.
Non solo intestino, altri tipi di microbioti
Il microbiota intestinale è sicuramente l’universo batterico simbiotico più studiato, ma non dobbiamo dimenticare che ne esistono altri. In altre zone del corpo sono presenti microbioti utili, anzi fondamentali, per il trattamento specifico di alcune patologie e ovviamente anche per il benessere.
Il secondo microbiota in ordine di notorietà è sicuramente il microbiota della pelle, che entra in gioco in tutte le patologie dermatologiche, comprese quelle allergiche. È ampiamente comprovato ormai che in soggetti atopici, dove si riscontra una disbiosi cutanea c’è sempre anche una severa disbiosi intestinale. Questo rende necessario unificare i trattamenti, non è quindi possibile intraprendere un percorso strettamente dermatologico evitando quello intestinale. Esistono ormai dei trattamenti topici che volgono a ristabilire il normale equilibrio batterio-cutaneo in caso di dermatite.
Consideriamo che questo vale anche per tutti gli altri microbioti del corpo: orecchie, gengive e apparato urogenitale.
Come si traduce tutto questo? “Semplicemente”, quando valutiamo la situazione alimentare di un soggetto, per un motivo o per l’altro, dobbiamo tenere a mente che non basta guardare al singolo problema, ma bisogna sempre considerare il quadro generale e le interazioni.
Se ancora non ne avete abbastanza e volete continuare a parlare di cacca, vi lascio questo interessantissimo articolo sulla consistenza delle feci.