Per chi segue un’alimentazione naturale la carne è un argomento quotidiano.
Ma la scelta dei tipi di carne, dei tagli, come cuocerli o come tagliarli resta ancora un mistero pare. Ormai il consumo di carne pro capite è sceso rispetto a qualche anno fa, ma soprattutto è cambiata la cultura della carne nelle famiglie. Non si comprano più tagli a lunga cottura, non si fa più il ragù, per cui abbiamo perso la conoscenza di quelle che sono le caratteristiche dei tagli di carne, ma anche di come si trattano.
L’altro tecnicismo su cui dobbiamo soffermarci è che quando si parla di carne sii parla più spesso, e impropriamente, di proteine. confondendo la materia prima con uno dei suoi nutrienti, anche se il principale, Dobbiamo per questo addentrarci un pochino in questo mondo per capirci qualcosa in più. Anche se di cosa sia una proteina abbiamo già discusso, faremo un riassunto.
Sono macromolecole formate da catene di amminoacidi. Hanno tantissime funzioni diverse tra cui quella plastica fondamentale per i tessuti, possono entrare in reazioni metaboliche oppure reazioni di sintesi come anche la replicazione del DNA . Le proteine sono ovunque quindi e quando usiamo impropriamente questa parola, se non la collochiamo al posto giusto quindi, possiamo confonderci e confondere gli altri.
Gli amminoacidi di cui sono composte possono essere essenziali e non essenziali, la loro presenza e quantità modifica il valore biologico di una proteina. Definizione di valore biologico: ” rappresenta la quantità di azoto rappresenta la quantità di azoto effettivamente assorbito ed utilizzato al netto delle perdite urinarie, fecali, cutanee ecc. Una proteina che possiede un perfetto equilibrio tra aminoacidi assorbiti e tra amminoacidi ritenuti ha un valore biologico di 100. La proteina di riferimento è quella dell’uovo che presenta un VB pari al 100%“.
Ma la carne quindi di cosa è fatta?
Quando si parla di carne si intende dal punto di vista commerciale le parti commestibili degli animali omeotermi (capaci di mantenere costante la propria temperatura corporea), compresi organi e frattaglie. Va da sé che sono esclusi i pesci da questa definizione, anche se comunemente quando parliamo di pesce intendiamo “carne di pesce”. Noi che siamo persone semplici spesso quando parliamo di carne nelle diete intendiamo la quota animale, involontariamente, e quindi anche quello che non deriva da avicunicoli o ruminanti o suini o selvaggina.
Per essere commercializzato il muscolo animale deve diventare carne, dopo aver subito dei naturali processi nel post-mortem (frollatura), la cui durata dipende dalla specie animale (le carni avicunicole non subiscono un vero e proprio processo di frollatura ad esempio, come i suini, perchè la loro composizione muscolare peggiorerebbe le caratteristiche organolettiche del prodotto finale).
La composizione del muscolo infatti definisce parte delle caratteristiche organolettiche della carne. Il tessuto muscolare è composto da fibre, a loro volta formate da unità contrattili costruite da proteine motrici. I tipi di fibre muscolari sono principalmente due :bianche (più adatte alla velocità e utilizzano un meccanismo di contrazione anaerobico) e rosse (più adatte per attività di lunga durata e utilizzano un meccanismo di contrazione aerobico).
Alla domanda quindi “ Come si classificano le carni?” rispondiamo, in base al tipo di fibra prevalente (definite anche dall’animale da cui provengono). Tipicamente le fibre bianche le troviamo in maggior quantità nelle carni bianche, e viceversa. Ma possiamo classificarle anche in base alla quantità di mioglobina, che è una proteina di trasporto dell’ossigeno che da il tipico colore rosso alla carne, 0.05% nelle carni bianche da 0.1 a 2% nelle carni rosse.
Esistono infatti dei casi particolari. L’alimentazione degli animali da reddito modifica le caratteristiche organolettiche dei prodotti, ad esempio il vitello a carne bianca si definisce tale in base al colore della sua carne pur essendo un bovino e quindi tipicamente un animale a carni rosse. Questo perchè la quantità di mioglobina risulta essere più bassa di un bovino normale, proprio perchè il tipo di alimentazione a cui vengono sottoposti i soggetti povera di ferro crea un’anemia, per cui le carni sono pallide. La mioglobina in questo caso però resta sempre più alta di quella contenuta nelle carni avicole.
Ma quali altri aspetti dobbiamo prendere in considerazione quanto parliamo di qualità e differenze tra le carni?
Proprio per la diversità di fibre che caratterizzano il tipo di carne, alcuni tagli commerciali possono presentare una percentuale di proteine più alta rispetto tra di loro, ma la più grande e sostanziale differenza la si riscontra nella percentuale di grasso.
Quantità e qualità del grasso muscolare dipendono dal tipo di “lavoro” per cui è predisposto un muscolo, dalla razza dell’animale, dal tipo di alimentazione, dal tipo di allevamento e dall’età.
Quindi all’interno di uno stesso capo possiamo trovare tagli di carne con caratteristiche organolettiche, più o meno differenti, che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. Addirittura, nei suini, abbiamo tagli bianchi e tagli rossi. In generale però li distinguiamo per la percentuale di grasso e di collagene, oltre che al tipo di proteine e quindi la quantità di micronutrienti come il ferro.
Queste differenze possono manifestarsi durante la digestione, non è così inconsueto infatti che un cane o un gatto riescano a digerire in maniera assolutamente normale il cuore di manzo e non il biancostato (è solo un esempio eh!!). La motivazione potrebbe proprio ritrovarsi nei diversi contenuti di grasso o di collagene dei tagli, pur essendo sempre lo stesso tipo di carne.
Dobbiamo purtroppo aggiungere in inoltre, che tutti i trattamenti termici, soprattutto quelli che prevedono le alte temperature (come la cottura, ma anche alcuni tipi di disidratazione) modificano la composizione biochimica di molte molecole compresi grasso e proteine, modificando quindi la digeribilità della materia prima. Ed è qui che ci ritroviamo in quei soggetti che hanno facilità digestive soggettive in base a se la carne è cotta o cruda.
Ma quindi quali sono i tagli, se ci sono, che dobbiamo preferire? se parliamo di cani o gatti senza problematiche digestive o metaboliche, preferire i tagli gelatinosi o con anche fino ad un terzo di grasso, che può essere di copertura, di marezzatura (quelle venature dentro la carne) o pelle. Praticamente cosce, sovracosce, tagli da bollito, tagli di bocca, lingua, cuore, tutti questi tagli sono relativamente economici e molto molto nutrienti.
Cani e gatti digeriscono soggettivamente le carni, sia crude che cotte, in base alle proprie capacità intestinali. Non esiste una dieta perfetta e migliore delle altre, se non si considerano le soggettività.
Per tutti questi motivi la variabilità di una dieta naturale risulta essere ancora più auspicabile, per il benessere di cani e gatti.
Ma anche l’origine delle carni che utilizziamo e la consapevolezza sulla loro provenienza massimizza l’ideale di dieta biologicamente appropriata.